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      Olya
a New York
— USA

“Venticinquemila persone ogni giorno passano qui davanti, è per questo che ho comprato la casa, per questo essere esposti alla città.” Ha abbattuto i muri, Olya, ha levato le tende, tolto le barriere: “È come essere parte della città, del suo spettacolo”, dice.

Olya a New York

“Come avere la città ospite ogni sera”.

Ascolta la storia letta dall’autore, Flavio Soriga

   Olya mi saluta sorridente, quando entro nel suo appartamento, è bella, bellissima, vestita con eleganza essenziale, come potrebbero scrivere, immagino, in una rivista di moda. Tutto è essenziale in questa grande cucina, Less is more, sembra di poter leggere in caratteri enormi sul muro, immagino che questa regola sia la regola della vita di Olya: l’abbigliamento, l’arredamento, il mangiare, le chiacchiere, la spesa, le arrabbiature, tutto. Il compagno di Olya è alto e ha i capelli corti, sta finendo una tarda colazione, si prepara un caffè nero e va via. Sembra una casa normale, questa, ma non lo è. Lo sarebbe, forse - per gli standard di Chelsea, Manhattan, New York - se non ci fosse il salone, oltre la cucina, una stanza ampia ma normale, solo che affaccia su una strada che non è normale. Prima di essere una strada è stata una ferrovia sopraelevata che attraversava Manhattan, oggi è un parco lineare conosciuto in tutto il mondo, una di quelle cose che non puoi non visitare a New York, un monumento vivo all’architettura ferroviaria anni Trenta, una lunga passeggiata attraverso la città. High Line Park, si chiama, e passa proprio davanti al salone di Olya.

   “Venticinquemila persone ogni giorno passano qui davanti, è per questo che ho comprato la casa, per questo essere esposti alla città. È un’esposizione continua, io mi sveglio, preparo il caffè e vado a fare colazione lì, davanti alla gente che passa e guarda verso di me, è una cosa che mi ricarica, l’energia arriva dalla strada a me, mi fa stare bene. Le tende, nel paese del Sud Europa da cui vengo io, sono elemento necessario ad ogni casa, persino nei paesi dove ci si conosce tutti, soprattutto nei paesi, è importante che le case siano isole. Le tende sono muri, riparano dallo sguardo invidioso, malevolo o pettegolo, bisogna nascondere quel che viviamo, dentro casa, mai deve arrivare l’occhio degli estranei, ‘Genti allena’, diceva mia nonna in lingua nostra, a indicare quelli che non erano famiglia e non dovevano posare il loro sguardo su di noi se non invitati, se prima non ci eravamo preparati”. Ha abbattuto i muri, invece, Olya, ha levato le tende, tolto le barriere, scelto di vivere una parte della casa come uno spettacolo perenne, ha accettato che l’occhio altrui si posi continuamente sul suo angolo di casa, di vita. “È come essere parte della città, del suo spettacolo”, dice. “È un modo di vivere interattivo. Abbiamo deciso, io e il mio compagno, di offrire questo spazio di esibizione ai nostri amici: organizziamo cene a tema, la gente si diverte, tutti diventano un po’ matti alle nostre feste, il muro del salone delle volte diventa uno schermo, proiettiamo opere di giovani artisti che amiamo.

   La gente passa, fa le foto, resta del tempo a guardarci, come fossero ospiti anche loro, come se questa casa fosse una parte dello spettacolo della città”. Olya è arrivata a New York venticinque anni fa, si sente newyorkese, sa che qualunque cosa le riservi il suo futuro di regista di documentari, N.Y. sarà sempre un posto in cui tornerà. “Questa casa, questo salone, è stato come entrare nell’ecosistema della città, come se potessi offrire finalmente anche io qualcosa a questa comunità che mi ha dato tanto come arte, bellezza, energia. Avevo visto molti appartamenti prima di questo, alcuni disegnati da grandi architetti, ma nessuna poteva offrirmi questo. Le altre erano solo bellissime case, questo è un posto unico, uno spettacolo da inventare ogni giorno”. Tutti possono fare una prova: basta salire sull’High Line Park, sopra il mercato di Chelsea, passeggiare per qualche minuto e fermarsi davanti a casa di Olya, spettatori del suo spettacolo pubblico e domestico, ‘gente allena’ sarete, ma benvenuto il vostro sguardo, come vi avessero invitato.

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a New York
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